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Sunday, March 17, 2019

The Highest Ideal


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Bhagavad-Gita Second Chapter

Part Two: The Path of the Wise

by Michael Dolan/B.V. Mahayogi



Going back to an earlier point in the conversation, we see that  Arjuna is concerned that he may incur bad karma for his action as a hero. Better avoid the fight. What if he tries but loses?

Kṛṣṇa guides Arjunas chariot on the field of battle as he explains the nature of dharma. All of us must follow our dharma. Everywhere there is a fight. It is the law of the jungle. Life is defined by struggle. We cannot control the outcome of any fight, but we must fight. Inaction is not a path for a hero.



And yet even in loss there is no shame. There is no diminution in following this path.[i] Neither is there any dishonor in death or failure. There can be never loss and no harm in following the wisdom path of bhakti. A man is measured by his high ideal. Even one who loses everything in the attempt to reach the highest ideal has lost nothing in the end. He may not achieve riches in this world, but he gains eternal life in the next.

In fact the path of bhakti will save one from the greatest dread. Arjuna need not fear, for the path of divine love and dedication to God frees one from the greatest fear, the fear of self-annihilation.

As Kṛṣṇa has explained the path of karma sanctioned by scripture may provide riches in this life, but leads to rebirth and repeated death on the wheel of karma. The path of renunciation and dry meditation jñāna taken by less fortunate yogis may lead to nirvana, but merging into the oneness of undifferentiated spirit is a kind of self-obliteration. Exploitation and karma is a fearful path: leading to the dark forest of repeated birth and death. Renunciation and scientific analysis leads to spiritual suicide and nihilism--another fearful path. But the path of bhakti, or dedication to God, will free one from all fear.

Kṛṣṇa advises Arjuna, Let divine love illumined by wisdom-yoga guide your hand. But do not shrink from the fight.









Arjuna has quoted scripture in defense of his inaction. But Kṛṣṇa tells Arjuna that he should try not to be confused by all the different ideas presented in the scriptures. [ii]

One mans pill is another mans poison. Where an expert doctor can understand what medicine to prescribe to his paitent, a spiritual mentor or guru knows how to apply the spiritual medicine of the scriptures in our benefit. Without the help of a mentor or guide, however, we may be lost.

The scriptures are filled with prescriptions, remedies for different spiritual maladies. Since we are all at different levels of spiritual evolution, each of us needs to follow a slightly different dharmic path. While all these different paths should ultimately lead us to the path of wisdom, buddhi-yoga, and ultimately bhakti, according to our advancement, a different course of action may be recommended at a given moment by our guru or guide.


Arjuna has accepted Kṛṣṇa as his guide. Kṛṣṇa not only guides Arjunas chariot through the dangerous ranks of soldiers, he helps Arjuna through the mental traps and dangers he faces on the path to enlightenment. He asks Arjuna therefore to leave aside his parochial ideas about religion and duty and fix his mind in yoga. Dedication to the Supreme is the purport of all the scriptural injunctions. Divine love should guide his acts. He must become fixed in that yoga and discover true samādhi.

Arjuna seems to grasp the argument, but wants to hear more from his friend and guide before diving into action. He asks Kṛṣṇa[1]:

O Kṛṣṇa, then what are the qualities of one who is on the path of wisdom as you have explained it? You have spoken of samādhi, being rightly situated, having fixed intelligence, or steady wisdom. I dont understand. How does such a wise man speak and act?




[1] नेहाभिक्रमनाशोस्ति प्रत्यवायो न विद्यते स्वल्पम् अप्य् अस्य धर्मस्य त्रायते महतो भयात् २.४०

nehābhikramanāśosti pratyavāyo na vidyate
svalpam apy asya dharmasya trāyate mahato bhayāt 2.40अर्जुन उवाच







[i]  स्थितप्रज्ञस्य का भाषा समाधिस्थस्य केशव

स्थितधीः किं प्रभाषेत किम् आसीत व्रजेत किम् २.५४
arjuna uvāca

sthitaprajñasya kā bhāā samādhisthasya keśava
sthitadhī ki prabhāeta kim āsīta vrajeta kim 2.54

[ii] श्रुतिविप्रतिपन्ना ते यदा स्थास्यति निश्चला
समाधाव् अचला बुद्धिस् तदा योगम् अवाप्स्यसि २.५३
śrutivipratipannā te yadā sthāsyati niścalā
samādhāv acalā buddhis tadā yogam avāpsyasi 2.53


Atma-jṇāna Italiano

My friend Dhananjaya Das has kindly translated this into Italian....

Bhagavad Gita

capitolo 2

Atma-jñāna


In questo mondo tutto è temporaneo
All’inizio del capitolo troviamo il grande guerriero Arjuna che si lamenta per gli orrori della guerra ed espone argomenti profondamente pacifisti. Basa le sue idee sul dovere, su ciò che è giusto. Ma, come Krishna fa notare, queste sono tutte verità relative. La guerra, come la pace, è un aspetto relativo e temporaneo nella lotta per l’esistenza.
SRILA BHAKTI RAKSAK SRIDHAR DEV-GOSWAMI MAHARAJ
Quando a Sridhar Maharaj* fu chiesto se dovessimo aver paura di una guerra nucleare, rispose che questo mondo è temporaneo. Quelle che si provano qui sono preoccupazioni relative, persino la guerra. Nel contesto della vita eterna, la guerra è un punto su una linea, una linea in un piano, un momento nello spazio e nel tempo infinito.
Ma Arjuna si sta concentrando su eventi a lui prossimi. Vuole ciò che è meglio per la sua famiglia, ma la sua famiglia è nociva. Vuole la pace con i suoi cugini, ma non c’è modo di salvare un tiranno come Duryodhana. Persino i guru Bhishma e Drona sono corrotti. Si sono schierati sul versante della corruzione. Alcuni dei suoi nemici hanno dei buoni motivi per mettersi dalla parte sbagliata in una guerra di famiglia. Alla fine il risultato sarà lo stesso. Non c’è modo di evitare un bagno di sangue. Ma Arjuna ancora sente rimorso.

Il significato della guerra
Il conflitto bellico è un’importante metafora per lo sforzo che noi tutti affrontiamo nella vita quotidiana. In questo senso, la Bhagavad-Gita ci offre prospettive su come affrontare le battaglie della vita di tutti i giorni.
Krishna spiega che non c’è modo di evitare la battaglia. Arjuna non può scappare. La codardia non è la soluzione. Specialmente per un guerriero della sua statura, ma anche per una persona comune. Non possiamo fuggire dalle difficoltà della vita. Dobbiamo confrontarci con i nostri conflitti, non rifuggirli.
Krishna fa notare ad Arjuna che l’atto di impegnarsi nella lotta può portare alla morte. Ma alla fine, tutti i corpi sono mortali. La morte del corpo è inevitabile. Per colui che nasce, la morte è certa. Se la battaglia è una lotta per la vita o per la morte, dobbiamo vedere oltre gli aspetti più superficiali del conflitto e centrare il problema: la morte e la vita stesse.

La natura dell’anima
Se la morte è inevitabile per il corpo umano, l’anima è immortale. Krishna dà una profonda spiegazione della natura dell’anima, dello spirito e dell’atma.
L’anima non può essere né tagliata, né bruciata, né essiccata. Essa sopravvive al corpo mortale. E se siamo immortali, allora la morte non può toccarci. Arjuna ha sollevato il problema del peccato e del karma. Il peccato di uccidere non ci consumerà dopo la morte?
Ma prima di affrontare la questione di come il karma imprime l’anima, Krishna vuole stabilire la persistenza dell’anima stessa. Quella del karma, dopo tutto, è una questione relativa che verrà ampiamente discussa. Ma lo spirito stesso è superiore e va oltre il karma.
Siamo mortali o immortali? Krishna dice che siamo immortali, e questo è il suo vero primo insegnamento ad Arjuna nel secondo capitolo della Bhagavad-Gita. 
La coscienza è reale. L’anima esiste. É invisibile all’occhio umano, è infinitesimale. Neanche i saggi possono discernere come funziona la coscienza, com’è connessa al corpo ed alla mente.
Eppure Krishna ci dice che l’anima o atma è trascendente sia al corpo che alla mente. La mente stessa è un costrutto di coscienza eterna. Questa anima indossa dei corpi e poi li lascia proprio come noi indossiamo abiti al mattino e li togliamo la sera.
Egli dice ad Arjuna di mettere da parte la sua morale comune per un momento e di considerare la natura eterna dell’anima. Alla fine, l’anima non viene macchiata neanche dal cattivo karma, giacché nel corso di migliaia di vite si commettono errori. E l’atma sopravvive a migliaia di vite per migliaia di volte ed oltre. In questo modo si deve vedere l’anima. Il nostro permanente interesse personale è più importante del nostro interesse verso la società e la famiglia.
La nostra prossima vita potrebbe essere infernale come quella attuale oppure offrirci una nascita più elevata e con ricompense divine. Ma l’intero mondo materiale è un circolo vizioso, una ruota di nascite e morti. Una riflessione più elevata va posta sulla liberazione dal ciclo della reincarnazione. Krishna tratterà con tutti i dettagli queste questioni nel resto della conversazione. Ma per il momento Egli vuole che Arjuna porti la propria attenzione dal conflitto immediato al tema più elevato della vita immortale.
Tutti noi dobbiamo combattere le nostre battaglie quotidiane. Non dobbiamo ritirarci dalla lotta. Ma il vero conflitto è la lotta per la vita eterna. Invischiati nelle nostre battaglie quotidiane, perdiamo di vista il nostro personale interesse spirituale. Prima ancora che si possa cominciare il viaggio sul sentiero spirituale, dobbiamo riconoscere l’esistenza dell’anima eterna.

Krishna spiega la natura dell’atma o dell’anima come segue:

न जायते म्रियते वा कदाचिन्
नायं भूत्वा भविता वा न भूयः
अजो नित्यः शाश्वतो ऽयं पुराणो 
न हन्यते हन्यमाने शरीरे
 
na jāyate mriyate vā kadācin
nāya bhūtvā bhavitā vā na bhūya
ajo nitya śāśvato ‘ya purā
na hanyate hanyamāne śarīre
Per l’anima non c’è né la nascita né la morte. Esiste e non smette mai di esistere.
Non nasce, non muore, è eterna, originale, non ebbe mai inizio e non avrà mai fine.
Non muore quando il corpo muore
.(Bhagavad-gītā 2.20)


नैनं छिन्दन्ति शस्त्राणि नैनं दहति पावकः
न चैनं क्लेदयन्त्य् आपो न शोषयति मारुतः
 
naina chindanti śastrāi naina dahati pāvaka
na caina kledayanty āpo na śoayati māruta 
 
Nessun’arma può spezzare l’anima, né il fuoco bruciarla; l’acqua non può bagnarla, né il vento seccarla.(Bhagavad-gītā 2.23)


अच्छेद्यो ऽयम् अदाह्यो ऽयम् अक्लेद्यो ऽशोष्य एव च
नित्यः सर्व-गतः स्थाणुर् अचलो ऽयं सनातनः
 
acchedyo ‘yam adāhyo ‘yam akledyo ‘śoya eva ca
nitya sarva-gata sthāur acalo ‘ya sanātana
L’anima individuale è indivisibile e insolubile; non può essere bruciata ne seccata.
E’ immortale, onnipresente, inalterabile, immobile ed eternamente la stessa.
(Bhagavad-gītā 2.24)

La misura dell’anima
La Bhagavad-Gita è anche chiamata “Gitopanishad” in quanto i concetti ivi espressi sono già dati in forma seminale come verità assiomatiche. l’idea che l’atma o anima individuale è una minuscola energia cosciente risuona già negli antichi testi upanishadici:

बालाग्र-शत भागस्य शतधा कल्पितस्य च
भागो जिवः स विज्ञेयः स चानन्त्याय काप्ते
bālāgra-śata bhāgasya śatadhā kalpitasya ca
bhāgo jiva sa vijñeya sa cānantyāya kāpte 
 
Se dividiamo la punta di un capello in cento parti e poi prendiamo una di queste parti
e la dividiamo ancora per cento, quella decimillesima parte è la dimensione dell’entità vivente.
E questa entità vivente è in grado di ottenere il Signore illimitato.
(Śvetāśvatara Upaniṣad 5.9)



*Sua Divina Grazia Sri Srila Bhakti Rakshak Sridhar Dev-Goswami Maharaj, fondatore dellaSri Chaitanya Saraswat Math

Autore: Michael Dolan (Bhakti Vidhan Mahayogi)
Articolo originale: https://bit.ly/2JfYTfr